Gin: sapevate che l’Italia vanta una produzione di grande qualità? Ebbene sì: in Italia si produce un prodotto di lusso, il “Tabai Gin del Cardinale”, edizione limitata Platinum.
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Il gin del Cardinale emana profumi intensi, derivati dal pino mugo, dalla liquirizia, dal pepe rosso e dalla frutta.
Il “Tabai Gin del Cardinale” è uno dei gin tra i più costosi e ricercati al mondo. Il fatto che sia confezionato in bellissime scatole di legno, ne aumenta il valore anche in riferimento all’oggetto puro e semplice.
Ne vengono prodotte solo 8000 unità, distillate rigorosamente in Italia. La sua speciale identità la pone tra i must per gli appassionati. C’è una lista di due anni d’attesa per poterne avere una versione limitata, per un prezzo variabile da 600 euro in su.
Il gin era il liquore preferito della Regina Elisabetta.
Sappiamo anche che la Regina non disdegnava l’alcool: il suo drink preferito, che sorseggiava prima del pranzo, era un cocktail a base di gin e Dubonnet, con ghiaccio e una fettina di limone. Da poco tempo lo stesso gin bevuto dalla Regina Elisabetta può essere acquistato su internet. Sul sito Royal Collection Trust si può avere, per la somma di 40 sterline, una bottiglia del gin Buckingham Palace, preparato proprio con le erbe dei giardini del palazzo reale, rigorosamente raccolte a mano. Gli incassi sono devoluti a favore dell’organizzazione benefica fondata proprio da Elisabetta, per gestire la meravigliosa e ricchissima collezione artistica della casa reale.
Cos’è il gin?
Il gin è un distillato di mosto fermentato, prodotto da cerali come granoturco, orzo e anche frumento. Viene aromatizzato con i botanicals, i vari ingredienti che il distillatore decide di usare per imprimere l’aroma di definizione: ginepro, spezie, agrumi, fiori e bacche varie. Oggi abbiamo una gamma vastissima di aromatizzazioni che hanno introdotto anche le rose, il sorbo, la liquirizia, l’anice, il tè nero e gli esperimenti sono ancora in atto e senza soluzione di continuità.
In questi ultimi anni il gin sta vivendo il suo Rinascimento. Tanta richiesta ha stimolato i produttori a immettere sul mercato versioni di gin fatti con botanicals sempre più inconsueti. In questa grande fantasia di sapori e aromi hanno la loro esaltazione quelli legati ai territori che, sempre più spesso, diventano prodotti esaltanti. Basti pensare al Death’s Door, derivato dalla fermentazione di un grano controllato e di alta qualità. Tra quelli migliori anche il Roby Marton’s gin, aromatizzato alla liquirizia e il Gin Primo, al sale di Cervia.
Ma il gin non ha avuto sempre la stessa attenzione e il gradimento di cui gode oggi. Era un distillato bistrattato, alla portata di generazioni della media e bassa borghesia che ne erano grandi consumatrici fin dal 1700.
La storia del gin
Tutto parte dai monaci, coloro che mantengono il sapere antico. I loro esperimenti erano finalizzati alla cura. I monaci italiani cercavano di estrarre un olio curativo dal ginepro, pianta già conosciuta per le sue qualità antinfiammatorie.
Ma fu nel 1600 che il Dottor Silvius creò il Genever, distillando alcool e oli essenziali di ginepro. Il successo fu immediato e il prodotto venne utilizzato come tonico e medicinale. Le cronache dell’epoca parlano di una somministrazione prescritta anche ai marinai olandesi.
La grande diffusione del medicamento avvenne grazie all’accesso che il mondo dell’epoca aveva con i porti dei Paesi Bassi. Così anche gli inglesi conobbero il tonico; lo apprezzarono subito e così il Genever divenne prima Geneva e poi Gin.
La sua diffusione fu così popolare che nel 1751 fu tassato per evitarne gli abusi alcolici.
Furono proprio gli inglesi a distillare un tipo di gin che divenne tipico e prese il nome di London Dry Gin, un tipo di bevanda non troppo profumata, ma forte di gradazione alcolica. Con il mercato delle spezie provenienti dai viaggi intorno al mondo, gli inglesi aggiunsero botanicals esotici come il cardamomo, il pepe, vari tipi di agrumi e il coriandolo.
Come si fa il gin?
Un tempo si distillava una prima attività con i cereali, seguita da una seconda fase di distillazione in cui i vapori del prodotto passavano attraverso delle ceste che contenevano i botanicals.
Oggi, invece, i botanicals vengono fatti fermentare direttamente nell’alcool, prima della seconda distillazione.
La distillazione avviene in alambicchi di rame.
E’ raro che il distillato sia affinato in legno, anche se oggi questa pratica sta prendendo sempre più piede. Se non viene trattenuto per l’affinamento, il distillato viene imbottigliato.
La classificazione del gin
London dry gin: il più classico. Essenziale nel sapore non molto profumato.
Old Tom Gin: è il distillato classico addolcito con sciroppo di zucchero. Non avendo goduto di molta fortuna in passato, molti distillatori stanno provando ad aggiungere zucchero, anche caramellato e facendo affinare in legno il prodotto finito.
Sloe Gin: è in realtà un liquore a base di gin aromatizzato con bacche di prugne selvatiche. Ovviamente i puristi non lo amano, ma sta vivendo una sua rinascita, grazie anche all’attenzione del comparto artigianale che sta affinando le qualità di questo prodotto.
Per la grande maggioranza dei consumatori il gin è un componente di drink classici, come il Tom Collins, il Martini Dry, il White Lady, l’Alexander o il Negroni.